venerdì 28 marzo 2014

Il neonato piange? Prendetelo in braccio e camminate: smetterà. Paroladi ricercatore!

Un bambino piange disperato. Ha pochi mesi, forse solo qualche settimana. Proviamo ad accarezzarlo, coccolarlo, e poi cediamo: lo prendiamo in braccio iniziamo a muoverci. E lui, magicamente, si calma. Dopo un po', stanchi, ci sediamo. Ed ecco ricominciare il pianto inconsolabile. Ci alziamo, e smette. Ci dondoliamo da seduti, da mezzi seduti, da solo appena appena appoggiati, ma non c'è nulla da fare! Pare il piccolo abbia un sensore: si calma solo se ci muoviamo stando in piedi, e senza possibilità di barare.


So che ogni genitore ha vissuto questa esperienza, e che almeno una volta nella vita vi siete chiesti "perché?!"

Ecco... La spiegazione scientifica esiste!

Quando una delle autrici della ricerca* (Maria del Carmen Rostagno, Dottoranda di Ricerca in Scienze Psicologiche e della Formazione dell’Università degli Studi di Trento, presso il Laboratorio di Osservazione Diagnosi e Formazione diretto dalla Prof.ssa Paola Venuti)me ne ha parlato, mi sono perfino emozionata all'idea che un team italo-giapponese abbia compiuto studi approfonditi per comprendere il motivo alla base di questo comportamento.

Curiosi?
La ricerca è partita con la constatazione effettiva del fatto che il pianto del bambino (fra 0 e 6 mesi d'età) si modifica in intensità a seconda del tipo di contatto con la madre: nella culla è più intenso, e spesso correlato ad una maggiore attività fisica, si placa lievemente quando il bambino viene preso in braccio da seduti, e solitamente si cheta quando viene trasportato in piedi.

Lo studio conferma quanto migliaia di genitori hanno provato sulla loro pelle.

Dove sta la novità? Sta nel fatto che il ricercatore non si ferma all'osservazione, classificando il fenomeno con un "eh, sono capricci! Gli piace guardarsi intorno e stare con la mamma, e se lo assecondi lo vizi!".

No: compito del ricercatore è comprendere cosa sta dietro gli atteggiamenti. E quindi il gruppo ha proseguito l'analisi studiando il battito cardiaco dei bambini sottoposti all'esperimento (passaggi fra culla, mamma seduta e mamma in piedi che cammina), scoprendo che questo cala quando i bambini vengono presi in braccio. Un elemento che, valutato congiuntamente all'attività fisica ed all'intensità del pianto, ha portato a concludere che i neonati sono più rilassati (sia a livello comportamentale che a livello fisiologico) mentre vengono trasportati.

L'analisi si è quindi spostata su altri mammiferi (topini), e si è notato che anche questi, quando trasportati dalla madre, tendono a immobilizzarsi e mantenere una postura compatta, a calare le vocalizzazioni (si: anche i topi vocalizzano, ma sono ultrasuoni che noi non percepiamo) e il battito cardiaco. Tutto concorda con quanto accade nei piccoli umani.

Quale può essere il significato funzionale che accomuna le risposte dei due generi di cuccioli?

La ricerca è giunta alla conclusione che smettere di piangere, immobilizzarsi e adottare una postura compatta anche da parte dei neonati nasca dall'esigenza (insita nel nostro stato di mammiferi) di facilitare il trasporto materno in modo da aumentare le probabilità di salvezza in caso di pericolo.

È un istinto di sopravvivenza, dunque, e non un capriccio, quello che fa calmare i piccoli quando i genitori li prendono in braccio e li trasportano.

Non so se questo farà sentire meglio o peggio chi è ancora alle prese con piccolissimi cuccioli d'uomo piangenti. Di sicuro per gli scienziati avrà importanti ripercussioni nel definire le reazioni "normali" dei neonati, base fondamentale per rilevare e comprendere con notevole precocità quegli scostamenti che sono potenziali sintomi di qualche patologia.

E anche noi genitori abbiamo ora un mezzo in più per placare i bambini.
Ovvero: se il nostro piccolo piange per motivi transitori (uno spavento, per esempio), alzarci e passeggiare lo aiuterà a superare il momento difficile più rapidamente.
Se invece si tratta di cause persistenti (dolore o fame), il bambino riprenderà il suo pianto non appena la mamma smetterà di trasportarlo. Ma -almeno finché non crolliamo stravolte per le lunghissime passeggiate con bimbo-in-braccio - adesso sappiamo che c'è un modo per far smettere meccanicamente il pianto per un po', dando tregua alle nostre orecchie (e, ammettiamolo, ai nostri nervi).

 Ora che siete più consapevoli, vi alzerete  con più entusiasmo quando il costo piccolo piange? 

*Per quelli che vogliono approfondire, ecco i riferimenti per trovare informazioni più scientifiche e dettagliate:

Esposito et al. 2013 Current Biology “Infant Calming Responses During Maternal Carrying”
E c'è pure un video su YouTube

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